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Si segnala una recente sentenza in materia di destinazione urbanistica degli edifici in zona rurale emessa dal TAR PIEMONTE TORINO Sez. II, sent. 14.06.2019, n. 687 (in allegato) con la quale viene riconosciuta la possibilità per chiunque, a prescindere dalla qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale, di ristrutturare una residenza in zona agricola, se l’immobile è antecedente a gennaio 1977. Il rilascio, da parte dell’amministrazione comunale, del titolo edilizio abilitativo non è subordinato al pagamento di oneri di natura economica, in applicazione della disciplina di cui alla legge n. 1150 de 1942.
Il caso deciso riguarda il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di lavori di restauro e risanamento conservativo di un fabbricato ad uso abitativo sito in zona agricola: l’ente locale, pur manifestando l’assenso al rilascio del titolo per i predetti interventi edilizi di ristrutturazione, richiede alla proprietà – odierna ricorrente — il pagamento degli oneri di urbanizzazione, nel rispetto degli adempimenti collegati alla modifica della destinazione d’uso dell’immobile da «rurale» a «residenziale» previsti dalla normativa urbanistica nel caso in cui il soggetto richiedente sia privo della qualifica di imprenditore agricolo.
Con la pronuncia allegata, i giudici amministrativi offrono un importante contributo alla esatta ricostruzione dei confini di applicabilità – in termini temporali — della normativa urbanistica, nazionale e regionale, anche ai fini della determinazione della sussistenza di eventuali modifiche della destinazione d’uso degli immobili e, conseguentemente, del pagamento del contributo di costruzione.
Il Tribunale Amministrativo Regionale Piemonte, in accoglimento del ricorso promosso dalla proprietà per l’annullamento del provvedimento comunale, dà evidenza che nel caso in questione l’amministrazione è incorsa nell’evidente errore di aver applicato la disciplina urbanistica introdotta dalla L. n. 10 del 1977 con riferimento ad un immobile edificato prima dell’entrata in vigore di tale legge, e come tale assoggettato alla disciplina previgente di cui alla L. n. 1150 del 1942.
Di seguito, nel ricostruire sul punto il ragionamento seguito dai giudici, si richiamano alcuni fondamentali passaggi della decisione in commento.
Orbene, il Tar in primo luogo dà atto che, il rilascio della concessione edilizia per la realizzazione nel territorio comunale di nuove costruzioni, o l’ampliamento, la modificazione o la demolizione di quelle esistenti, sotto il vigore della legge urbanistica n. 1150/1942 non era soggetto al pagamento di oneri di natura economica: questo era il regime ordinario applicabile a tutte le concessioni edilizie vigendo il principio di generalizzata gratuità di tutti i titoli edilizi.
Con l’entrata in vigore della L. n. 10 del 1977 è stato introdotto il principio della onerosità della concessione edilizia, attraverso l’affermazione del principio secondo cui “Ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale partecipa agli oneri ad essa relativi e la esecuzione delle opere è subordinata a concessione da parte del sindaco, ai sensi della presente legge” nonché del principio in virtù del quale “La concessione comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza delle spese di urbanizzazione nonché al costo di costruzione”.
Nel contempo, la stessa L. n. 10 del 1977 ha previsto all’art. 9 alcune deroghe al principio della generale onerosità della concessione edilizia, stabilendo che il contributo di concessione non è dovuto, tra l’altro: “a) per le opere da realizzare nelle zone agricole, ivi comprese le residenze, in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi dell’art. 12 L. 9 maggio 1975, n. 153″. La norma appena citata, ribadita dalla normativa successiva di cui all’art. 17 comma 3 lettera a) del D.P.R. n. 380 del 2001, trova la propria ragion d’essere nella volontà del legislatore di incentivare, tutelare e valorizzare le attività imprenditoriali agricole, a tal fine esentando l’imprenditore agricolo a titolo principale che decida di insediare la propria abitazione nei pressi o all’interno della propria azienda agricola, dall’onere economico di contribuire alle opere di urbanizzazione correlate a tale insediamento abitativo.
In sostanza, l’esenzione dal contributo di concessione per la realizzazione di residenze rurali si configura come un beneficio correlato, per un verso, alla qualifica soggettiva di imprenditore agricolo a titolo principale dell’avente diritto e, per altro verso, al requisito oggettivo della destinazione funzionale dell’immobile a soddisfare le esigenze abitative del medesimo in prossimità o all’interno della propria azienda agricola.
Alla luce della suindicata normativa, ad avviso del Tar, appare all’evidenza che:
- le residenze rurali edificate sotto il vigore della L. n. 1150 del 1942 erano esenti dal contributo di concessione sia che fossero destinate a soddisfare le esigenze abitative dell’imprenditore agricolo connesse alla conduzione dell’azienda, sia che fossero destinate ad usi “civili” da parte di soggetti privi della qualifica di imprenditore agricolo, e ciò alla luce del regime, già sopra citato, di generalizzata gratuità dei titoli edilizi;
- le residenze rurali edificate a far data dall’entrata in vigore della L. n. 10 del 1977 sono, invece, esenti dal contributo di costruzione soltanto se e nella misura in cui siano effettivamente destinate ed utilizzate a servizio della conduzione del fondo da parte dell’imprenditore agricolo. Di talché, venendo meno, per fatti oggettivi, l’attività imprenditoriale agricola, la residenza può continuare ad essere utilizzata come abitazione civile, ma previo assenso dell’amministrazione comunale e previo pagamento, ora per allora, del contributo di costruzione; il passaggio dall’utilizzo “rurale” all’utilizzo “civile” configura una modificazione della destinazione d’uso giuridicamente rilevante, giacché determina la decadenza dal beneficio dell’esenzione dal contributo di concessione di cui aveva beneficiato il titolo abilitativo originario.
Nel caso di specie, trattandosi di residenza rurale edificata prima dell’entrata in vigore della L. n. 10 del 1977 il passaggio dall’uno all’altro utilizzo non configura alcuna modifica della destinazione d’uso, dal momento che tale distinzione — da rurale a residenziale — diviene giuridicamente rilevante unicamente a far data dalla già ricordata novella legislativa del ‘77 mentre per l’innanzi il titolo abilitativo – si ripete — autorizzava entrambi gli utilizzi e ad entrambi concedeva il beneficio della gratuità.
In definitiva, in applicazione della disciplina urbanistica vigente alla data di realizzazione dell’immobile e applicabile ratione temporis al caso di cui si tratta, il proprietario – seppur privo della qualifica di imprenditore agricolo — può ristrutturare, e quindi abitare e utilizzare, una residenza in zona agricola senza il pagamento di oneri di sorta.
Per maggiori informazioni rimane a disposizione l’Ufficio Fiscale.